Categoria: Uncategorized

  • Paesaggi. Tonalità. Episodio1.

    Paesaggi. Tonalità. Episodio1.

    Paesaggi è un episodio della webserie TONALITÀ, la cifra di Vasilij Grossman prodotta da ItalianaContemporanea. Ciascun episodio ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione.

    EPISODIO 1

    Paesaggi. Il Volga visto dall’alto di una falesia è un paesaggio maestoso. Muta i suoi colori al passare delle ore del giorno, in un ritmo oltre l’umano.. La guerra squarcia il suo silenzio alieno alle vicende umane. Eppure è il ritmo del fiume a scandire quello che per molti sarà l’ultimo giorno, È il ritmo dell’acqua e del cielo che restituisce la giusta solennità all’ora della nostra morte, sottraendola alla trivialità della guerra.

    Paesaggi. È il giorno fatale del 5 settembre 1942, quando i tedeschi attaccano in forze Stalingrado. Sta per iniziare una battaglia aspra e sanguinosa, tanto più orrenda in quanto si svolge in un paesaggio scintillante e maestoso, su cui però si allunga l’ombra scura che la falesia proietta, così diversa dal sole accecante della steppa. E si compie il destino di morte per Tolja, uno dei molti uccisi o mortalmente feriti quel giorno.

    Chi è Tolja? È figlio di Ljudmila e del suo primo marito, Abarčuk. Ma in questo episodio è il suo carattere che si squaderna sotto i nostri occhi di lettori.

    Tolja

    Tolja è giovanissimo. Ha diciotto/dicannove anni. È timido, cresciuto da una madre che lo ha sempre protetto, lo ha viziato. Merende e caramelle. La cesura netta della guerra lo ha proiettato nel mondo militare, fatto da ufficiali, sottufficiali, aiutanti di campo, caporali, mostrine, buoni di razionamento e fogli di viaggio. Un mondo nuovo, dove Tolja non osa dire che vuole diventare uno scienziato, che vuole iscriversi alla facoltà di Matematica e Fisica, che ha intenzione di fare scoperte meravigliose, che poco prima della guerra ha cominciato a costruire un televisore.

    Il 5 settembre

    Gli artiglieri si preparano. Il battaglione di Tolja deve disporsi su un’altura. Ma i camion in cima alla falesia non possono salire perché il pendio è erto e franoso. Tolja, lercio e sudato, dà una mano ai suoi uomini a spingere i cannoni verso la cima, organizza una catena umana tra i camion di sotto e la sommità del pendio, si arrampica lui stesso sul camion e dà una mano a scaricare.

    Ecco arriva giù dal pendio un sergente; gli dice che il comandante della batteria è stato ferito e che deve prendere subito il comando lui stesso. Si arrampicano sulla parete erta e franosa di ghiaietta, il sergente si aiuta con le mani e le ginocchia.

    Il sole sul fiume esalta i colori, e fa brillare un paesaggio grandioso sul quale dovrebbe dominare il silenzio.Invece il frastuono dei duelli aerei squarcia il cielo blu, punteggiato dal bianco delle nuvole lanuginose; il fragore dei cannoni si moltiplica in un’eco rimandata dalla steppa, dal cielo e dal fiume.

    La steppa percorsa da fanti e blindati

    Gli aerei già passano a filo d’acqua sul fiume. Subito dopo si muove la fanteria protetta dagli aerei e dai blindati. La steppa si copre di polvere opaca e fumo. Si ode un fragore confuso, prodotto da rumori diversi: dalla deflagrazione dei cannoni, dal rombo dei carri, dai lunghi urrà dei fanti all’attacco, dai fischi degli ufficiali, dal rombo dei caccia, dal crepitare delle loro mitragliatrici, dalle esplosioni secche degli obici.

    L’ora di gloria

    Quando, ricevuto gli ordini, di botto ha immaginato un piano audace. Ha fatto posizionare i cannoni in modo molto insolito, ma tale da essere molto preciso nel colpire. Chiestogli conto dal suo superiore, gli è riuscito di essere molto convincente. Sparita la timidezza!

    Tolja apre il fuoco, e i suoi colpi sono così esatti da gettare lo scompiglio tra i blindati nemici che schizzano fuori dai cespugli e dai giardini dove stavano riparati, senza saper individuare il punto da cui provengono i colpi stessi. Il comandante, che poco prima al telefono quasi non lo riconosceva per il tono di voce insolitamente sicuro, ora si felicita con lui.Un giorno memorabile. Tolja ha vissuto in quel giorno più esperienze che in tutta la sua breve vita.  

    Il morale alle stelle

    La batteria di Tolja è così avanzata che un aereo sovietico l’attacca e tre Messner accorrono in sua difesa. Grande risata di Tolja e dei suoi uomini. Morale altissimo. Ma…

    Sera

    Tolja si riposa un po’ appoggiato ad un palo del telegrafo. Ha le labbra riarse, la gola secca, mangia pane raffermo, ma gode il suo riposo. Il Volga è bello la sera, è pieno di colore: lui lo guarda dall’alto. Il fiume è blu, poi rosa, poi color perla con riflessi di seta grigia; dal fiume viene una frescura che ha in sé l’odore dolce-amaro dell’assenzio della steppa. Il palo del telegrafo canta, come nella steppa dove il vento lo fa frusciare, muovendo i suoi cavi come fossero corde di un violino.

    Tolja gode questa musica strana e fantastica: già si vede molto famoso, soprattutto tra le ragazze dell’infermeria che gli hanno sempre dato tanto imbarazzo, e tra i compagni di scuola di sua sorella, e tra i colleghi del suo patrigno, il professor Štrum ..

    Notte

    Al cader della notte i tedeschi riprendono l’attacco. Il paesaggio brillante e amico del giorno non esiste più, è diventato un bozzetto piatto, disegnato su una carta lisa, senza più valli, senza colline, senza fiume, solo quote e altitudini, e barriere idrologiche, e terreno accidentato. 

    Il buio della steppa è tagliato dalla luce sinistra dei bengala. Adesso i tedeschi hanno individuato la batteria di Tolja, adesso sanno dove sparare. 

    I primi colpi arrivano; i primi feriti si lamentano; il palo del telegrafo è falciato da un colpo di mortaio. Tolja ha la sensazione che non finirà mai, che da ogni dove spunteranno i nemici. Ha la bocca secca, una sgradevole sensazione di terra sotto i denti. Vuole una cosa sola, Tolja: vedere il mattino. E lo vede infatti.

    Tolja con la sua gola riarsa urla un ordine. Poi una luce accecante e qualcosa come un pugno lo colpisce al ventre. Cade. Sente gridare. Qualcuno chiama un infermiere…

    Un pacco alla stazione
    Un pacco alla stazione

    Tolja vede i visi dei soldati chini su di lui, preoccupati e pietosi. Chissà perché, si domanda, certo è stato colpito qualcuno. Non lui. Sta per alzarsi, ripulirsi, scendere al fiume e lavarsi con quella sua acqua meravigliosa, fredda e dolce, e poi è pronto a riprendere il suo posto.

    L’epilogo è molte pagine dopo, ma Tolja sarà già morto, quando sua madre lo raggiungerà all’ospedale delle retrovie, in cui è stato operato e non è sopravvissuto. Sono, in Vita e destino, le pagine dell’interminabile viaggio di Ljudmila, da Kazan’ a Saratov; sono le pagine strazianti dell’involto che contiene la divisa insanguinata di suo figlio; sono le pagine della notte dolorosa spesa sulla fossa, dove il suo ragazzo ha almeno trovato sepoltura.

    Su Vasilij Grossman

    Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

    Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

    Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

    Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.

  • Un pacco alla stazione. Tonalità. Episodio5.

    Un pacco alla stazione. Tonalità. Episodio5.

    Un pacco alla stazione è un episodio della webserie TONALITÀ, la cifra di Vasilij Grossman prodotta da ItalianaContemporanea. Ciascun episodio ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione.

    EPISODIO 5

    Un pacco alla stazione

    Un pacco alla stazione è la storia malinconica e gentile di Lena, una giovanissima infermiera sul fronte più cruento. Nella lotta accanita per la stazione c’è anche la storia mesta dell’amore di Lena per Kovalëv, giovane e valoroso ufficiale della XIII Divisone della Guardia. Un tono sentimentale nella bruttura della guerra.

    .

    Un pacco alla stazione. È uno di quei pacchi che giungono in URSS con i convogli di aiuti militari degli Alleati. Viene da un altro mondo, un mondo dove non è neppure immaginabile la quotidianità di Lena, infermiera del battaglione che ha appena rioccupato la stazione di Stalingrado, e che fronteggia i tedeschi, ancora in forze alla metà di settembre. Lena assiste ogni giorno decine di feriti e moribondi. Ha una giacca sola, troppo grande, strappata e macchiata, come i suoi stivali, grossi insanguinati impossibili da pulire. La sua treccia è sfatta e sporca, non ha acqua per lavarsi, non ha niente per cambiarsi. Così, quando apre il pacco e vede il bell’abito di ottimo cotone, il gilet di lana con un grazioso motivo verde blu e rosso, la biancheria col pizzo, l’accappatoio (!)…, ha un momento di pura gioia.

    Il suo sguardo è «pieno di grazia, di femminilità»
    e per un attimo, cala il silenzio sulla stazione sconvolta
    «per non disperdere questa espressione del suo viso».

    Per un attimo solo! perché Lena lascia il pacco dov’è.

    Lena e il pacco della stazione

    Anche alla stazione come al 6/1 si combatte accanitamente, e si vive tuttavia intensamente. La storia d’amore tra Lena e Kovalëv è gemella di quella tra Katja e  Serëža al 6/1. Qui però il finale non è aperto, ma definito con la morte di entrambi in combattimento. C’è un sentimento che accomuna le due ragazze: il disagio per la tensione maschile che avvertono intorno a loro; il timore è che il loro destino sia già segnato con quell’orribile espressione “donne da campo”. Katja è spaventata, e cerca protezione; Lena reagisce ostentando la propria disinvolta sicurezza. Lena non vuole essere in balia degli eventi, Lena sceglie consapevolmente, prima Filiaškin, perché le piace, e poi Kovaliov, perché se ne innamora. 

    Un pacco alla stazione Lena

    Una o due sere prima della fine, in una tregua dopo aspri combattimenti, Filiaškin chiama Lena al comando; vuole regalarle un pacco giunto alla stazione con gli aiuti americani. Filiaškin si sente in colpa verso Lena, pensa di essersi comportato disonestamente, vuole in qualche modo risarcirla con un regalo, e l’unico possibile è quel pacco.

    Lena lo apre, e grande è il suo piacere alla vista di quelle cose, belle e normali in un mondo ristabilito nei suoi ritmi, un mondo dove lavarsi non è un evento straordinario. Ma subito sente che quelle belle cose, che le piacciono, non le può accettare, perché sono dono di Filiaškin, perché ne avverte il valore di risarcimento.  Il prezzo di una donna “da campo”. E lei non è, una donna da campo.

    Così con i suoi abiti sporchi e fuori misura, i suoi brutti stivali, le mani con le unghie nere, lascia il pacco in un angolo e dice che non ne ha bisogno. A Filiaškin che cerca in qualche modo di scusarsi, risponde fiera: «Non sono una bambina. Sapevo quel che facevo». Morirà poche ore dopo, senza essere riuscita a fare la pace con Kovaliëv, e senza aver mai usato questa bella biancheria inutile, che finirà nelle mani del soldato Stumpfe, un saccheggiatore privo di scrupoli.

    Kovalëv e il suo zaino

    Kovalëv è un giovane ufficiale, di una divisione d’élite dell’Armata Rossa: la XIII Divisione della Guardia che combatte sulla riva destra del Volga sotto il comando del generale Rodimcev. Anche lui è giovanissimo, ma combatte già da qualche mese, facendosi onore: è decorato con due medaglie al coraggio ed ha una cicatrice sulla tempia. Il racconto insiste molto sul motivo della giovinezza di Kovalëv, e di Lena e di tanti giovanissimi travolti dalla guerra. Sottolinea così il copioso tributo di sangue versato dalla gioventù sovietica negli anni dell’invasione.

    Un pacco alla stazione Kovalëv

    La povertà di Kovalëv è narrata attraverso una minuta, e commovente, descrizione degli oggetti custoditi con cura nel suo zaino smilzo.

    Lo zaino smilzo di Kovalëv è il contrappunto al pacco ricco della stazione.

    L’ultimo mesto dialogo

    È notte ormai, Lena ha lasciato per terra gli elegantissimi e inutili vestiti americani del pacco alla stazione. Ha lasciato stupefatto il comandante Filjaškin, che comunque non capisce il suo gesto. Passa da Miša Kovalëv. Vuol fare la pace con lui. Vuole dirgli che non lo ha ingannato. Ma lui è brusco e irremovibile.

    È la tristezza di Lena a segnare questo ultimo incontro con Miša Kovalëv. È un momento di tregua. Qualche ora dopo i combattimenti riprendono furiosi. Kovalëv muore colpito da una pallottola in mezzo agli occhi. Lena con tutti i feriti che assiste muove per l’esplosione di una bomba sganciata da uno Junker.

    Un pacco alla stazione
    Un pacco alla stazione

    Nella luce dell’aurora il fumo denso sollevato dall’esplosione si colorò di rosso. Una nuvola leggera rimase per un po’ sospesa nell’aria, poi il vento del Volga la soffiò verso ovest e la disperse per la steppa.

    Così si chiude il capitolo dedicato a Lena e alla sua fine. Raccontare la guerra esige un impasto grasso e denso. Lena e Kovalëv, che nella guerra hanno speso gran parte della loro breve vita, sono fatti però di un’altra pasta, più soffice e destinata a durare poco.

    LA WEBSERIE “TONALITÀ” NELLE VARIE PUNTATE VI FARÀ ASCOLTARE TUTTI QUESTI TONI. VI DARANNO UN’IDEA DI COS’ È UN GRANDE SCRITTORE!i

    Su Vasilij Grossman

    Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

    Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

    Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

    Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.

  • Vita al civico 6/1. Tonalità Episodio6

    Vita al civico 6/1. Tonalità Episodio6

    Vita al civico 6/1 è un episodio della webserie TONALITÀ, la cifra di Vasilij Grossman prodotta da ItalianaContemporanea. Ciascun episodio ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione. 

    Episodio 6

    Vita al civico 6/1 . Questabcasa rappresenta nel racconto grossmaniano tutti i luoghi della città, edifici pubblici, case, vie, piazze in cui si combatté accanitamente per ogni piano, per ogni stanza, per ogni metro.

    Se è ignota l’identità dei molti che combatterono accanitamente contro i tedeschi in ogni casa, ecco che il romanzo la restituisce loro, attraverso i suoi personaggi: un comune campione di umanità, raccontato con punte di umorismo e arguzia. Morte e distruzione e tragedia sono su un altro registro. Qui il tono è scanzonato.

    È il tono della gente ordinaria:
    spaventata, e beffarda!

    Vita al civico 6/1

    Il gruppo del 6/1 contrasta il nemico disturbandone le azioni. Gli ufficiali sono morti tutti, perciò il comando è passato nelle mani di Vanja Grekov. Sono tutti uomini, finché negli ultimi giorni prima della fine, giunge tra loro una giovanissima marconista Katja Vengrova.

    Il 6/1 e la stazione: due episodi di guerra, uno doppio dell’altro

    L’episodio del 6/1 è il doppio dell’episodio della stazione (si veda l’episodio Un pacco alla stazione) per tre ragioni. Anzitutto perché i due episodi lasciano intravvedere in trasparenza due fatti storicamente accaduti (la lotta durissima per il controllo della stazione di Stalingraso a settembre 1942, il primo; la casa di Pavlov, e la distruzione della Fabbrica Trattori dell’ottobre, il secondo). Poi perché entrambi i gruppi di resistenti ha rapporti molto difficili con i superiori. Infine perché nei due episodi speculari in cui si narra l’inferno di Stalingrado, prendono vita due storie d’amore, quella del giovane tenente Kovaliov per Lena, infermiera, e quella del giovane volontario Sergej per Katia, marconista. 

    Un comune campione di umanità

    Ma facciamo la conoscenza ora di qualcuno degli uomini del 6/1 e di Katja. Un comune campione di umanità., che è cosciente di avere limitatissime possibilità di sopravvivere, ma anche sotto l’attacco nemico deve pur sempre vivere. E si fa coraggio deridendo il nemico: «Poveri crucchi, quanto si danno da fare…», «Cosa non s’inventano…», «Ma dove le butta le bombe, quello scemo?»….

    Batrakov

    Anciferov

    Ljakov e la lepre

    Katja

    L’unico che non le fa paura è Serëža, perché è giovanissimo, e sta da volontario in mezzo all’inferno di Stalingrado. Con lei si comporta in modo perfino più sgarbato e screanzato di chiunque. Per questo tutti gli altri uomini del 6/1 danno a zero le possibilità di Serëža con Katja. E si sbagliano. I due giovani riescono a isolare un momento privato, nel buio squarciato dai lampi delle esplosioni, si scambiano la promessa di reciproco ed eterno amore, e si addormentano sul cappotto. Grekov li vede. Li manda a chiamare la mattina dopo: «Tu vai allo stato maggiore». Ci tratta come servi della gleba, pensa Serëža, ma Grekov aggiunge: «La marconista viene con te» e li congeda, affettuoso e triste insieme, in modo che abbiano la possibilità di mettersi in salvo. La loro sorte non è nota. Scompaiono dal racconto. Potrebbero essersi salvati o no. Però è il comportamento di Vanja Grekov, non abbruttito dalla guerra, a proiettarli verso il futuro!

    Su Vasilij Grossman

    Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

    Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

    Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

    VISITATE SU ITALIANACONTEMPORANEA.COM 
    LA PAGINA DEDICATA 
    ALLA DILOGIA DI STALINGRADO
     ➡️.

  • Scene da un matrimonio. Tonalità. Episodio 4

    Scene da un matrimonio. Tonalità. Episodio 4

    Scene da un matrimonio è l’episodio 4 della webserie TONALITÀ, la cifra di Vasilij Grossman prodotta da ItalianaContemporanea. Ciascun episodio ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione.

    Nell’estate 1942 su Stalingrado grava ormai la minaccia della guerra, ma chi nella città vive, continua a vivere secondo le proprie abitudini. È così per Pavel Andreevič Andreev, operaio della fonderia Ottobre Rosso, e Varvara, sua moglie. La scena si svolge a casa loro, nella loro cucina. Lui sta cenando prima di iniziare il turno di notte in fabbrica, lei è in piedi pronta a servirlo come di consueto nei quarant’anni della loro vita comune. Ma per capire cosa succede, è necessaria qualche info sui protagonisti di questa scena.

    Varvara

    Scene da un matrimonio

    Scene da un matrimonio. Figlia di un meccanico, da ragazza Varvara era una vera bellezza, e le sue amiche dicevano che il matrimonio con Pavel non era stato una gran fortuna, dopotutto era solo capofuochista su un rimorchiatore del Volga. Una ragazza bella così avrebbe potuto mirare molto più in alto, ad esempio avrebbe potuto sposare un capitano, o il padrone di un ristorante all’imbarcadero di Caricyn, o un commerciante. Perché aveva scelto Pavel? Lui aveva minacciato di affogarsi nel Volga, se lei lo avesse respinto; lei gli aveva dato la sua parola, ed era stato per sempre. Certo, nei primi anni la sua vita di moglie era stata difficile; anche se non l’aveva mai confessato a nessuno, in realtà sognava di vivere a Saratov o a Samara, e d’andare a teatro in carrozza. Perché aveva sposato Pavel? Perché gli vuol bene. E lui ne vuole a lei. Pavel è un uomo per bene.

    Pavel

    Scene da un matrimonio. Pavel è anzitutto un operaio così esperto che gli ingegneri spesso gli chiedono consiglio ed evitano di contraddirlo. Lui non ha bisogno di consultare i dati di laboratorio per sapere cosa contiene un letto di fusione. Benché assiduo frequentatore della biblioteca, non ha mai letto niente sull’argomento della metallurgia o della siderurgia, né manuali sui processi chimici o chimico-fisici di fusione dell’acciaio. Non per disprezzo della scienza, che è la base del suo mestiere. È che i poeti «non hanno bisogno di manuali di poesia. Sono loro a determinare la nascita del verso e le leggi della parola».  Pavel segue nel suo lavoro la stessa via degli ingegneri, solo che lo fa istintivamente. La competenza fisico-chimica è connaturata al cristallino del suo occhio, alla sensibilità tattile delle sue dita e delle sue palme, cioè delle sue mani, sta nel suo orecchio, e nella sua memoria, custode di decenni di lavoro.

    Pavel è stimato in fabbrica. Questo dà a sua moglie Varvara molta soddisfazione. Varvara sa l’importanza di essere giudicato come bravo operaio in una città operaia. Un volta, per un Primo Maggio erano venuti a trovarli a casa il direttore e l’ingegnere capo della fabbrica: che emozione vedere le due automobili ferme davanti alla sua casa e che gusto l’invidia delle vicine! Le si erano gelate le mani per l’agitazione, mentre suo marito si comportava come fosse venuto a trovarli quel buffone del suo amico Poljakov. 

    Dopo la guerra civile Poljakov ha lavorato a Rostov, a Mosca, a Baku. A Stalingrado tutti lo conoscono. È un bravo falegname. Parla spesso di quello che ha costruito in città, le assi, i parquet, le porte, le finestre,… e suoi compagni hanno l’impressione che in realtà questo falegname, sempre contento e brontolone, sia giunto nella steppa per difendere col suo mortaio tutto quello che ha costruito. Perché è uno che ama il suo lavoro. Quando parla dei suoi attrezzi da falegname e degli oggetti che costruisce siano essi di frassino, d’acero, di quercia, di faggio, ha in viso l’espressione del goloso; i suoi occhietti brillano, quando espone la sua semplice filosofia di vita: il suo lavoro serve a far piacevole la vita della gente; e chi lavora è degno d’essere libero, sazio e felice.

    La lite in cucina

    La casa

    Scene da un matrimonio

    Scene da un matrimonio

    Mai litigato prima per la casa e gli oggetti enormemente cari a Varvara, prima! Ma da quando ha deciso di partire, Varvara è scontenta. Ha nascosto sottoterra in cantina, nell’orto, nel frutteto le cose più preziose, ma è preoccupata: le sue amate cose si rovineranno, saranno rubate, e chi le potrà mai custodire? Certo, suo marito rimane, è un ostinato che non vuol partire, e pensare che ha un’invalidità di seconda categoria; ma è un invalido, un vecchio, potrà mai fare la guardia alla casa?
    «Insomma, replica lui stizzito, non ho capito se ti preoccupi per me o vuoi che resti a fare la guardia ai tuoi tesori»

    La nuora

    La nuora è un altro argomento di aspra discussione tra marito e moglie. Pavel le rimprovera il malanimo contro Natal’ja.

    È un dolore senza consolazione ciò che rende Varvara così dura con Natal’ja: è il dolore per la perdita di Anatoli, suo figlio che è morto al fronte. È un’intollerabile ingiustizia che sua figlio sia morto e la nuora lavori, vada al cinema, rientri tardi la sera, insomma che non sia morta. Le due donne soffrono il medesimo lutto, ma ognuna a suo modo, e nessuna delle due può consolare il pianto dell’altra.

    Scene da un matrimonio

    Scene da un matrimonio

    Scene da un matrimonio

    Scene da un matrimonio

    Separazione

    Varvara e Natal’ja Partono infine con il piccolo Volodia, s’imbarcano proprio nel giorno in cui Stalingrado è bombardata, e solo per caso non finiscono in fondo al Volga come Marusja che è con loro. Varvara muore poche settimane dopo per una polmonite. 

    Pavel, che è ritornato sulla riva destra dopo essere stato evacuato con tutti gli operai delle fabbriche nei primi giorni di settembre, lavora adesso alla centrale: il suo amico Spiridonov gli ha trovato un posto e lì rimarrà fino alla liberazione di Stalingrado. Riceve una lettera che gli annuncia la morte di Varvara e si chiude sempre di più in se stesso. Gli manca sua moglie. La sua vita era sempre stata accanto a lei, «quanto di bello o brutto gli succedeva, l’allegria o la tristezza, esistevano solamente rispecchiate nel cuore di Varvara Aleksandrovna». Gli pare che la sua vita sia un mucchio di macerie, come quelle che vede intorno a sé.

    Rivede sua moglie com’era, giovane, dalle mani abbronzate, gli occhi allegri; rivede la cucina chiara di sole dove ha sempre fatto colazione con lei, pronta a intuire cosa volesse mangiare; e si sente orribilmente solo. Non vuole lasciare la città nemmeno dopo il bombardamento che mette definitivamente fuori uso la Stalgres, perché, se non se ne va, gli pare di mantenere un legame con la sua vita passata, con Varvara.

    Su Vasilij Grossman

    Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

    Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

    Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

    Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.