Ci sono due importanti dialoghi tra Čepyžin e Štrum nella dilogia. Il primo è in Per una giusta causa (I, 42), il secondo è in Vita e destino (III, 25). In entrambi è presente il tema della ricerca scientifica, della sua finalità ultima, e delle sue applicazioni tecnologiche. Nel primo dialogo, con forza, è presente anche il tema dell’energia morale del popolo, che per quanto mutilata, conculcata, lacerata, non può essere distrutta. Leggi di più
La riflessione dei due scienziati prende l’avvio dalla domanda inquietante sulla civiltà tedesca: come è potuto accadere che una cultura così raffinata, sia stata ridotta al silenzio da una banda di primitivi scellerati? Non è che il nazismo sia sorto dal nulla: quanto c’è di nazionalismo nella cultura tedesca prima di Hitler? Ricordando una conversazione, in cui Krymov citava Marx sul ruolo delle forze reazionarie nella storia tedesca, Štrum esprime una valutazione storicista: «Il fascismo ha un legame di parentela con il passato reazionario tedesco, ma ne è una forma particolare, la più abominevole» (PGC, I, 42).
Čepyžin non lo segue su questo terreno, per lui è la natura degli esseri umani ad essere ambigua, sospesa com’è tra primitivismo e cultura.
Nell’uomo c’è una sacra mistura, ci sono in lui cose sepolte, nascoste, primitive, grezze. Un uomo che vive in condizioni sociali normali di solito ignora lui stesso il sottosuolo e le caverne del suo animo. Ma avviene una catastrofe sociale ed ecco che il verminaio esce dalle caverne, cresce e di diffonde negli spazi chiari e puliti! (PGC, I, 42)
Il nazismo, dice Čepyžin, ha portato alla superficie tutto ciò che era sepolto, nascosto, mentre le forze buone della ragione, si sono rintanate nel profondo. Ma, benché siano divenute invisibili, esse continuano ad esistere, non sono annientate. I nazisti hanno mutilato l’animo di tanti, ma «l’uomo resterà l’uomo» (ibidem). Il sentimento popolare, dice Čepyžin, è che il lavoro libero, utile e creatore ha bisogno di uguaglianza, di onore, di libertà.
La morale del popolo è semplice: il mio diritto sacro posa sul diritto sacro di tutti i lavoratori che vivono sulla terra. Mentre il fascismo e Hitler hanno affermato il contrario con un’evidenza e una brutalità particolare: il mio diritto è nella schiavitù degli uomini e dei popoli, nella sottomissione del mondo intero. (…) Le forze buone, razionali, popolari, il sale della vita, si sono rintanate in profondità, sono diventate invisibili, ma continuano a vivere, a esistere… Il popolo resterà (ibidem)
Il fascismo, dice il professor Čepyžin, è potente ma non può vincere. L’energia morale di un popolo è simile all’energia del sole, che «si irradia nello spazio e attraversa deserti di oscurità e resuscita nelle foglie d’un salice, nella linfa vivente d’una betulla» (ibidem), si nasconde nei cristalli, nel carbone e fa nascere la vita. I caporioni della violenza e della distruzione, i fascisti sentono il bisogno di giustificare le loro tremende azioni con lo scopo del bene per il loro popolo. Ma, osserva Čepyžin, come può esistere il bene di un popolo solo, al prezzo sanguinoso del male per tutti gli altri? Se la ricerca del bene si fonda su una base nazionalista, o peggio razzista, il prezzo sarà la distruzione di tutti quelli che non appartengono ad uno specifico gruppo, sia esso nazionale, razziale, sociale. Questo mondo amaro, percorso dalla violenza più scellerata, non deve essere ignorato dagli scienziati. La scienza, dice Čepyžin, è sul punto di scoprire immense fonti di energia e queste, dice, devono appartenere al popolo, cioè a tutti. Se cadranno in mano fascista, cioè non nelle mani di tutti ma di qualcuno soltanto, le forze di distruzione create dalla scienza moderna, ridurranno il mondo in un cumulo di macerie.
Štrum non è d’accordo sul problema tedesco, di cui ribadisce il carattere storico: è l’imperialismo prussiano il terreno di coltura del nazismo. Polemicamente domanda poi dove sia la morale del popolo in Germania, dal momento che il popolo potendo esprimersi in libere elezioni, ha votato per Hitler. Štrum esprime un giudizio “da marxista”: la vittoria del nazismo in Germania è una vicenda storica, mentre per il suo maestro questa sembra una vicenda eterna, l’eterna lotta tra Bene e Male. «La vostra sacra mistura nega nei fatti il progresso, il movimento in avanti», dice Štrum. Ma il progresso esiste: negli anni successivi alla rivoluzione, negli anni sovietici tutto è cambiato. Non si tratta del conflitto universale tra Bene e Male, ma di cambiare in positivo l’intera società umana. In Germania, quando il nazismo sarà vinto, bisognerà risanare il terreno di coltura che l’ha prodotto.
Non è senza una nota umoristica che questo dialogo prende vita. La figura di Čepyžin, come si sa, è stata introdotta da Grossman in un secondo tempo rispetto alla versione originale del primo romanzo. Nella prima versione lo scienziato protagonista era solo Štrum, che riassumeva in sé anche il carattere del suo maestro. Ma che un sapiente ebreo avesse una statura intellettuale maggiore di chiunque altro, era stato giudicato inammissibile dai censori nell’URSS degli anni Cinquanta. Ebbene in questo dialogo sulla Germania, il marxista è l’ebreo, laddove il russo si mostra sensibile a riflessioni “idealiste” e problematiche.
Ben presto comunque il professor Štrum dovrà ripensare a questo dialogo e mutare il suo giudizio, allorché le sue ricerche e il suo pensiero entreranno in rotta di collisione con la direzione dell’Istituto e con il partito, con l’aggravante del suo essere ebreo. Egli sarà accusato di sostenere posizioni, idealistiche, reazionarie e venate di talmudismo.